
Social Help
“Carolina, bisognerebbe fotografare i bambini delle adozioni a distanza….”
È iniziata con questa frase la mia esperienza agli aiuti sociali. Un esperienza lunga, che mi ha permesso di conoscere a fondo gli usi di questa popolazione.
Ci sono più di 2000 bambini adottati a distanza, non tutti frequentano la scuola della missione, molti vengono da villaggi vicini.
Mensilmente madri e figli percepiscono la retta, che non è sempre uguale. Infatti ogni volta a ogni famiglia viene fatto un colloquio e in questo Sister Laura si fa aiutare da un interprete.
Nel colloquio solitamente si verifica che il bambino vada a scuola, se il padre è presente, se è morto, se è tornato, quante famiglie ha, se ha un lavoro e se passa i soldi alla famiglia.
Per la donna è uguale, si cerca di indagare se ha un lavoro, quanti soldi guadagna, se viene picchiata.
Poi si domanda se i genitori sono portatori di HIV e per controllare la sieropositività spesso vengono effettuati test, infatti l’interprete è anche infermiera.
In base a quello che risulta dal colloquio si decide quanti soldi passare alla famiglia .
In questo modo, loro sono motivati a trovarsi un lavoro, se contassero mensilmente su una cifra fissa si rischierebbe di aver persone non stimolate al raggiungimento dell’autosufficienza perché “ Tanto ci pensa la missione”.
La differenza culturale che abbiamo con queste persone è impressionante. Le donne sono praticamente considerate oggetto del marito, solo con le nuove generazioni sta lentamente cambiando la loro condizione. Tanti uomini abbandonano le famiglie per crearsene altre e le donne a questo sono abituate, per loro è normalità.
La scarsa istruzione li rende poco informati anche sulle malattie e se sono affetti da HIV spesso non sanno come comportarsi sia per una cura verso se stessi che in una prevenzione verso figli e familiari che gli stanno intorno.
Una donna, per esempio, era convinta di non poter contrarre il virus perché il suo gruppo sanguigno era 0+,
e gli uomini portatori ritengono di guarire stuprando giovani vergini, perché pensano di passare la malattia a loro e sbarazzarsene.
Queste dicerie e convinzioni sono la base della diffusione di questa piaga che colpisce tutta l’Africa.
Il padre, sempre secondo questa cultura, ha il potere di decidere sulla vita e la morte dei figli; se nasce un bambino con handicap fisici, lui senza il parere della madre può decidere se abbandonarlo o addirittura ucciderlo.
Questi sono solo alcuni dei problemi che si riscontrano a ogni colloquio e per “combattere” queste differenze culturali l’unica soluzione è l’ istruzione, sono proprio l’ignoranza e l’analfabetismo la causa principale dell’ arretratezza di questa gente.
Ad Adwa si procede a piccoli passi per aiutare, ma si preferisce la qualità del lavoro alla quantità.
Per informazioni sull’ associazione e per le adozioni a distanza visitate questo link:
http://www.amicidiadwa.org/index.php
Carolina Paltrinieri
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